
Iqbal Masih
Iqbal Masih

Eshan Kahn, dopo l'uccisione di Iqbal, in una intervista al giornalista Magnus Bergan, che clandestinamente conduceva una indagine su quell'omicidio e che fu lui stesso minacciato di morte, così racconta l'incontro con Iqbal: "Nell'ottobre 1992 il Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato diede inizio ad una campagna per la liberazione dei bambini che lavoravano nell'industria dei tappeti. Giunsero molti ragazzi da diverse zone, in particolare notai un bambino che portava la bandiera del BLLF: era Iqbal. Cercava di nascondere il viso con le mani, sembrava molto spaventato. Così lo feci sedere sulle mie ginocchia e gli chiesi chi fosse. Per lui era difficile spiegarsi. Indossava abiti molto sporchi, gli dimostrai un po' di attenzione e di affetto. Poi gli chiesi di salire sul palco e di raccontare la sua storia. Dapprima rifiutò, dopo però si fece coraggio e improvvisò un discorso. Disse: mi chiamo Iqbal e lavoro in una fabbrica di tappeti che si chiama Asha. Su di me grava un peschi di 12.000 rupìe… Sudava e tremava come una foglia".
La storia di Iqbal Masih scritta e letta dalle allieve e dagli allievi della classe quinta della scuola elementare Galileo Ferraris di Vercelli:
Iqbal era un bambino pakistano. Nato a Muridke nel Punjab nel 1983, aveva incominciato a lavorare a soli quattro anni, per riscattare il debito – il peschi – contratto dal padre per finanziare il matrimonio della figlia maggiore; debito che continuava ad aumentare a causa degli interessi esorbitanti. Con le sue piccole mani veloci Iqbal era costretto ad annodare i fili dei tappeti; il padrone pretendeva 10 mila nodi al giorno e per un tappeto di cinque metri quadri occorrevano più di 600 mila nodi. Era costretto a tale duro lavoro per oltre dieci ore al giorno ed a respirare senza nessuna protezione il pulviscolo della lana che danneggia gravemente i polmoni. Sgridato, picchiato, ogni sbaglio era punito severamente con dure punizioni corporali e con la riduzione della paga già irrisoria ed il conseguente aumento del debito; la sua paga, infatti, era di una rupìa al giorno, 55 delle nostre vecchie lire, mento di tre centesimi di euro. Proibito parlare con i compagni, per non perdere tempo. Una sola breve pausa per consumare un po' di cibo appena sufficiente per sopravvivere. Niente gioco, nessun riposo settimanale. Un inferno! Alcuni suoi compagni morivano di fatica e di stenti. La condizione di Iqbal era uguale a quella di decine di migliaia di altri bambini, anche piccolissimi, femmine e maschi, costretti a lavorare nelle numerose fabbriche sparse in tutto il Paese. Le bambine, sovente, erano anche vittime dei perversi soprusi dei padroni. Non vi erano controlli e sovente la polizia era d'accordo con i padroni, che pagavano i poliziotti. Per anni non aveva avuto più notizie della famiglia, fino a quando un giorno riuscì a fuggire e tornare a casa; ma fu ripreso, venduto ad un altro padrone, torturato e incatenato al telaio. L'incontro con un sindacalista, che a rischio della propria vita era riuscito ad entrare nella fabbrica per denunciare lo sfruttamento di quei bambini, gli fornisce l'occasione per ribellarsi e fugge di nuovo. Di nascosto, va ad assistere alla celebrazione della"Giornata della Libertà", organizzata dal BLLF, il fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato. Per la prima volta Iqbal sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in condizioni di schiavitù. In quella occasione conosce Eshan Ullah Kahn, presidente del BLLF, che lo prende sotto la sua protezione.
Il suo discorso fa scalpore e nei giorni successivi è pubblicato dai giornali locali. Iqbal decide di non tornare a lavorare ed è aiutato dal presidente del BLLF che ne prende a cuore la causa e lo fa studiare. Iqbal racconta nei convegni, prima nel suo Paese e poi all'estero, la sua storia e quella di migliaia di altri bambini lavoratori schiavizzati; in breve tempo diventa famoso e simbolo contro lo sfruttamento infantile. Nel 1993, a soli dieci anni, è invitato in America con il suo amico e protettore Eshan Kahn. In occasione di un convegno internazionale sui diritti umani, pronuncia un applauditissimo e spontaneo discorso, riportato anche dai giornali del suo Paese. Gli è conferito uno speciale premio internazionale. Ottiene finalmente la libertà dal lavoro e da quel giorno si dedica completamente allo studio ed alla denuncia a favore dei piccoli lavoratori ridotti in schiavitù. Dice che da grande vorrà fare l'avvocato, per poter difendere legalmente i bambini. In tutti i convegni è solito ripetere una frase, che diventa il simbolo del suo impegno:
"Nessun bambino dovrebbe mai impugnare uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.
Sono questi gli strumenti della libertà."
Grazie al suo impegno, ottiene risultati importanti, facendo aumentare i controlli nelle fabbriche clandestine di tappeti, con la conseguente liberazione di molti bambini; tutto ciò provoca danni rilevanti ai fabbricanti di tappeti e questo non può essere sopportato. La storia della sua libertà è breve: una mano assassina ferma il suo impegno di giustizia. Il 16 aprile 1995, giorno di Pasqua, Iqbal Masih all'età di 12 anni è ucciso da una fucilata mentre corre in bicicletta nella sua città di Muridke. A distanza di anni, non è stata fatta piena luce suo assassinio. Iqbal è stato eletto a simbolo mondiale contro lo sfruttamento del lavoro infantile. Il 20 novembre dell'anno 2000 "Giornata dei Diritti dei Bambini", il Comune di Vercelli, su richiesta della Associazione Janusz Korczak, ha inaugurato un parco pubblico alla sua memoria.
Oggi "Giornata dei Diritti dei Bambini" dell'anno 2005, decimo anniversario della morte di Iqbal Masih, noi bambini cittadini di "Vercelli Città delle Bambine e dei Bambini" ricordiamo con profonda commozione il suo sacrificio.
Le bambine ed i bambini di Vercelli e del Vercellese ricordano il sacrificio di Iqbal Masih, simbolo mondiale contro lo sfruttamento del lavoro infantile
Temi e pensieri dei bambini sono raccolti in questo documento, cliccando al tasto seguente:
Vorrei avere cento e cento mani
per stringerle a tutti coloro
che incontro sulla via e,
attraverso le mani che si toccano,
leggere i loro pensieri, giungere al loro cuore.
Mani tese che soccorrono,
mani tese che accarezzano,
mani tese che salutano,
mani tese che salvano,
mani bianche, gialle, nere:
un popolo intero di mani che si alzano verso il cielo,
che si agitano al vento come tante bandiere.
Scuola Elementare "Rosa Stampa" Vercelli Classe IV A
L. Ardenti (Questa poesia, con spartito musicale di Stefania Bellini, docente presso il Conservatorio di Novara, è diventata l'inno dei bambini della provincia di Vercelli).